Etichette classificatorio-nosografiche e sviluppo del bambino

Andare a scuola è sempre stato un momento assai significativo sia per i genitori che per i figli vissuto in una atmosfera di entusiasmo e momento in cui non mancava al genitore di offrire sostegno e valorizzazione con l’esclamazione: “Sei grande, imparerai a leggere, a scrivere, a fare i conti!”. Ebbene, oggi a questa viva esaltazione espressa dai genitori non trova più spazio, preoccupati della possibile sorpresa che il loro figlio possa essere un bambino con Disturbi Specifici degli Apprendimenti, e debba portare stampigliato sul proprio grembiule il marchio di “Disgrafico”, “Disortografico”, “Dislessico”, “Discalculico”, oppure l’etichetta con l’acronimo DSA. Piero, Giovanna, Paolo… rischiano di assumere il nome di “DIS…;
La gioia di andare a scuola così si dissolve lasciando spazio all’intensa preoccupazione di essere “incompetenti”, disabili, disturbati, diversi, schiumando sofferenze che si trapiantano nel processo maturativo, ritardano lo sviluppo delle funzioni autonome dell’Io fino a strutturare una personalità fragile e non autentica, in un clima familiare compromesso nelle relazioni, nell’agire da stimolo positivo, indispensabile per la crescita armonica del figlio.
La Scuola, tempio, dell’educazione, e perciò inclusiva, ha abiurato a questo nobile compito per distinguere, differenziare l’allievo abile dal disabile, confusa tra IN e DIS, tra didattica e terapia, tra pedagogia e sanità, resa responsabile di definire gli allievi in base a differenze quantitative, fedele alle misurazioni, ai test quantizzanti, alle distinzioni in stadi e livelli, ai profili, ai bilanci, alle diagnosi tipologiche o pedagogico-differenziali, che ben allontanano dallo studio dello sviluppo del bambino  e delle sue temporocratiche e costanti necessità. A questi criteri, propri di una società sempre più morbigena, e che trova sostanza nel delirio dell’abuso di selezionare e classificare,  occorre trovare una risposta socio-politica che meglio comprenda quanto la scuola sia indispensabile in  una comunità e quanto necessiti di meno sanità e più pedagogia; una pedagogia che aiuti l’allievo nel proprio sviluppo dandogli i tempi e gli strumenti necessari per giungere alla sua autentica crescita, senza aggiungere appellativo di discredito al suo autentico nome.

                                                                                                                                                                 Guido Pesci
                                                                                                                                                                  Psicomotricista Funzionale®