Il viaggio della vita inizia con gli occhi e le sensorialità di un bambino che registra situazioni, emozioni e reazioni nei piani più profondi di sé e li mantiene “presenti” per tutta la sua vita. A determinare lo sviluppo dell’individuo, in ogni istante della sua esistenza umana, entrano in gioco molte variabili fra cui fattori biologici, cognitivi, relazionali, affettivi che ne determinano la possibilità o meno di creare condizioni favorevoli al suo stesso sviluppo.
Premessa: un approccio psicomotorio funzionale
Partendo dal concetto tanto caro a Jean Le Boulch (Pesci, 2009; 2012), che lo Sviluppo dell’Essere rappresenta il vero viaggio della vita, voglio raccontare, in un’ottica psicomotoria funzionale, le esperienze, le cause e le conseguenze, che influenzano questo articolato cammino e gli strumenti necessari ad ogni individuo per affrontarlo.
Voglio farlo ponendo l’attenzione su quel processo di sviluppo non lineare, ma che si traccia su aspetti neurologici, motori, relazionali, affettivi e cognitivi che in ciascuno step, nel percorso della vita, sono presenti e indispensabili in forma ogni volta diversa; quello complesso agire che Jean Le Boulch ha definito con il termine di “Aggiustamento”.
Proprio perché nell’ottica psicomotoria funzionale non posso fare a meno di percorrere questo itinerario attraverso la scoperta delle “funzioni” che in ogni periodo della vita, caratterizzano l’individuo, il suo potenziale, la sua condotta e ne determinano lo sviluppo.
In questo percorso di analisi voglio anche andare a cogliere il senso che può assumere un progetto in aiuto alla persona attuabile attraverso la figura dello Psicomotricista Funzionale, i principi che lo indirizzano, gli obiettivi che può prefiggersi, gli strumenti a sua disposizione e le capacità che il professionista in questa disciplina deve aver sviluppato e saper mettere al servizio del prossimo.
Caratteristiche funzionali dello sviluppo dell’essere umano
Molte sono le abilità cui l’individuo può accedere in ogni momento della sua vita e molte le variabili che determinano l’andamento del loro sviluppo. Il viaggio della vita in forma terrena inizia con l’evoluzione fisica, neurologica e con il funzionamento della “macchina” uomo. Il processo neurofisiologico influenza grandemente l’equilibrio “persona” fin dal periodo prenatale e ne va a condizionare la relazione e la cura che l’ambiente gli offre sin dalla nascita. Il grado di evoluzione delle funzioni nutritive nel nascituro (circolazione, respirazione, digestione, escrezione) ad esempio determina la possibilità di essere autonomo sin dallo sviluppo delle prime funzioni vitali o viceversa di dover subire un’”invasione”, da parte dell’ambiente, necessaria del resto alla sua sopravvivenza e al suo benessere.
In ogni esperienza che la persona vive si determina un vissuto emozionale e affettivo che traduce l’esperienza relazionale registrandola in termini qualitativi e determinandone la disponibilità e le caratteristiche dei successivi incontri con l’ambiente.
Lo scambio sensoriale attraverso tatto, gusto, olfatto, udito e vista che il bambino da subito vive e sperimenta con persone, oggetti, spazi…, va ad incidere in maniera profonda su quella che Jean Le Boulch chiama Funzione Energetico Affettiva (Pesci, 2009; 2012; Pesci e Ricci, 2014; Pesci, Bulli e Ricci, 2016) e che si nutre di relazioni, di emozioni e di senso di efficacia.
Dal fronte neurologico è risaputo che negli esseri umani il legame protettivo tra genitori e figli consente che gran parte della maturazione del sistema nervoso prosegua nel corso dell’infanzia, infatti, durante tutta l’infanzia il cervello continua a svilupparsi.
Quando la massa della neocorteccia aumenta, parallelamente a tale estensione si osserva un moltiplicarsi, in progressione geometrica, delle interconnessioni dei circuiti cerebrali. Quanto più grande è il numero di tali connessioni, tanto più ampia sarà la gamma delle possibili risposte e adattamenti.
Dall’esperienza vissuta il bambino costruisce nuove spinte a relazionarsi e ad interagire con il mondo. I suoi interessi cambiano e si evolvono in relazione a ciò che sperimenta e alla traccia emotiva lasciata. Il desiderio e la scoperta, che il bambino esprime con il suo tono muscolare e posturale e con la sua capacità attentiva, non sono altro che la risultante di una lunga serie di interazioni che ne stimolano appunto lo sviluppo. La capacità di agire sul mondo trasformandolo e rispondendo in maniera adeguata ai suoi stimoli attraverso lo sviluppo conveniente degli strumenti operativi rende il bambino efficace e sicuro di sé.
Con la nascita quindi, il corpo, le esperienze e le relazioni che si instaurano con l’ambiente circostante, permettono all’individuo di essere presente a se stesso, partecipe attivamente nel qui e ora, in ogni istante della sua vita.
Questa “presenza” fa sì che il bambino realizzi comportamenti motori e tonici, connessi ai suoi bisogni e alla disponibilità dell’ambiente che si sta prendendo cura di lui, a rappresentarne il suo “personale” adattamento.
Il tipo di relazione che il bambino instaura dalla nascita, va a influenzare qualitativamente anche il suo vissuto emozionale e tramite questa memoria anche tutte le altre funzioni, determinandone sfaccettature e percorsi unici nella sua evoluzione globale.
Un processo di sviluppo quindi non lineare che si protrae nel corso dell’intera esistenza e che avviene su molti fronti contemporaneamente ognuno dei quali determina a sua volta direzioni e orientamenti allo svolgimento di tutto il percorso vita.
La natura umana – incontri di saperi
L’essere umano per percorrere il suo viaggio nella vita deve quindi, prima di tutto, potersi adattare ogni volta a se stesso, agli eventi, ai luoghi, alle persone, ai pensieri personali e altrui, … comunque sempre alle diversità di stimoli che incontra dentro e fuori da sé.
Questa grande flessibilità, che è potenzialità di tutti gli esseri viventi, vede nell’uomo implicate tante variabili che possono rendere questo processo più o meno attuabile e soddisfacente. Le Boulch (Pesci, 2009; 2012) ha costruito il suo approccio educativo all’essere umano basandosi su concetti di sviluppo provenienti dalle neuroscienze e dall’embriologia del comportamento, dalla psicologia senza trascurare quella sociale, dalla pedagogia, dall’etologia. Il creatore dell’approccio psicomotorio funzionale sostiene che la condotta dell’individuo, o risposta agli stimoli ambientali, è frutto dell’assimilazione agli stimoli che a lui convergono (Pesci, 2009; 2012).
Tracciando i principi che determinano lo sviluppo psicomotorio funzionale egli sottolinea il valore della globalità della persona nella sua unità corporea e mentale, sostenendo che ogni individuo sviluppa ciascuna funzione in maniera unica e particolare. Afferma che non è possibile studiare l’individuo separato dall’ambiente, anche se dobbiamo saper distinguere i fattori genetici da quelli appresi e che lo sviluppo, che procede dal biologico al sociale, attraversa i grandi stadi programmati geneticamente ma, dal momento in cui matura l’organizzazione nervosa e in particolare con l’inizio del periodo senso-motorio, si hanno delle modificazioni e degli sviluppi dovuti al subentrare dell’esperienza.
Nel creare un complesso e ricco strumento di aiuto alla persona Jean Le Boulch (Pesci, 2009) ha posto l’accento su leggi che caratterizzano la natura dell’essere umano e del suo sviluppo come ad esempio la plasticità del SNC e l’influenza esercitata dall’ambiente, e le ricerche scientifiche attuali ne stanno avvalorando pienamente la scelta.
Con l’incontro tra Neurologia e Genetica molti miti e preconcetti sono stati spazzati via, in particolare l’idea che il cervello alla nascita fosse del tutto predeterminato. Oggi si sa che il cervello ha la sua riserva di cellule staminali annidate nella profondità dell’ippocampo e che la neurogenesi (comparsa di nuove cellule cerebrali oltre che di nuove sinapsi) è sempre possibile ed epigeneticamente determinabile in tutte le età della vita e non solo nei primi anni dello sviluppo.
Attraverso la ricerca con le neuroimmagini è stata confermata la teoria della plasticità cerebrale e di quanto l’ambiente e l’esperienza siano decisivi per lo sviluppo; la corteccia cerebrale si incrementa maggiormente in soggetti ben curati da madri affettuose rispetto a quelli trascurati, come anche in soggetti abituati a meditare rispetto a chi non medita.
Anche l’idea che le funzioni cerebrali fossero rigidamente localizzate e parcellizzate, dunque irrimediabilmente perse o solo in parte compensabili se danneggiate, è stata superata. Oggi si sa invece che le mappe cerebrali sono diffuse, ridondanti e plastiche, quindi possono essere riorganizzate e potenziate con l’esperienza e la volontà, in qualunque età. L’esperienza di origine ambientale attiva, infatti, meccanismi epigenetici che avviano l’espressione di geni che promotori della neurogenesi e della ridifferenziazione dei territori cerebrali. Addirittura una lesione cerebrale, che colpisce precocemente l’emisfero sinistro di un bambino, non impedisce lo sviluppo del suo linguaggio, che andrà a organizzarsi nell’emisfero destro, in contrasto con la predisposizione genetica.
Tutto ciò sostiene e conferma l’approccio psicomotorio funzionale che individua nell’ambiente, con i suoi stimoli e con l’agire su di esso, la spinta ad una evoluzione vera e completa dell’essere umano.
Di fatto è stato spazzato via il preconcetto che lo sviluppo e l’organizzazione del cervello dipendano strettamente e in modo quasi esclusivo dal patrimonio genetico e che il ruolo dell’ambiente sia irrilevante; oggi si sa, infatti, che il 50-70 % della struttura cerebrale è di origine epigenetica, cioè ambientale.
L’incontro fra Neurobiologia e Psicologia offre una nuova prospettiva in cui il cervello diviene “organo di adattamento sociale”, cioè la mente cresce e si organizza nutrendosi di relazioni oltre che di elementi chimici e la mente (propria e altrui) opportunamente orientata, è un potente vettore di crescita e trasformazione (neurogenesi) cerebrale.
Quindi la biochimica agisce sulla sinapsi neurale, mentre le cure genitoriali, l’educazione e le relazioni significative agiscono mediante gli organi di senso sulla sinapsi sociale che collega fra loro le menti in relazione, tanto da affermare che non può esistere uno sviluppo realmente individuale.
Anche l’influenza che le emozioni rivestono nello sviluppo dell’individuo trova conferma nella scienza moderna. Le radici della nostra vita emotiva affondano nel senso dell’olfatto. L’olfatto era nel cervello primitivo un senso di importanza fondamentale ai fini della sopravvivenza. Poiché per noi gli stimoli olfattivi sono divenuti ormai meno importanti, nel corso dell’evoluzione questo sistema ha assunto altri ruoli. Questo cervello oggi prende il nome di sistema limbico, si trova nel tronco encefalico e regola le funzioni vegetative fondamentali ad assicurare la sopravvivenza e a controllare la condotta stereotipata.
Solo milioni di anni più tardi, da questi centri emozionali si sono evolute le aree del cervello pensante o neocorteccia, e ciò ci dice molto sui rapporti tra pensiero e sentimento: molto prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già quello emozionale.
La successiva evoluzione del sistema limbico ha condotto allo sviluppo di altri due strumenti: l’apprendimento e la memoria. Questo nuovo sistema consentiva all’animale di modulare le proprie risposte per la sopravvivenza in modo molto più consono ad esigenze e situazioni mutevoli, senza dover più reagire in modo automatico e rigido ma stavolta flessibile e adattato. Nasce così la prima forma di evidente intelligenza, l’aggiustamento all’ambiente.
Nei quadri che tracciano l’origine rigorosamente scientifica della Psicomotricità Funzionale, Jean Le Boulch (Pesci, 2009; 2012; Pesci e Zoccolini, 2014; Pesci e Ricci, 2014; Pesci, Bulli e Ricci, 2016; Zoccolini e Ricci, 2016) evidenzia questa influenza degli aspetti emozionali sullo sviluppo e sulla vita della persona a ogni età. La neocorteccia e il sistema limbico, strettamente connessi nell’essere umano, sono coinvolti e rendono possibili le finezze e la complessità della vita emozionale e attraverso l’ipotalamo, l’ipofisi, l’amigdala regolano moltissime delle funzioni fisiologiche e condizionano il funzionamento di tutte le altre zone del cervello, compresi i centri del pensiero in cui l’influenza modulatrice della neocorteccia sull’attività del sistema limbico offre il controlLo dell’espressione delle emozioni.
L’ipotalamo è forse la parte più importante del sistema limbico. È la singola parte più complessa e stupefacente del cervello stesso, per questo è anche detta “il cervello nel cervello”. Grande come un pisello ha l’importante ruolo di regolatore di fame, sete, sonno, veglia, temperatura corporea, equilibri chimici, ritmo circadiano, ormoni, sesso, emozioni, mantenendo l’omeostasi di tutte queste funzioni per mezzo della retroazione e le sue principali strutture ne determinano le influenze con il senso della vista, dell’olfatto e il sistema endocrino. L’ipotalamo influenza, insieme anche alla vita emozionale, il tono e l’attenzione agendo sulla formazione reticolare che rappresenta lo strumento regolatore, modulatore e inibitore di tutte le altre strutture.
Molte le funzioni esplicate dalla formazione reticolare, considerata da Jean Le Boulch il nucleo centrale dal punto di vista educativo. Essa agisce sull’attenzione e sullo stato di coscienza stimolando la corteccia in maniera diffusa, assicurando lo stato di veglia e aumentando così la capacità discriminatoria attraverso il sistema conosciuto come sistema attivatore ascendente; nel ritmo sonno-veglia determina eccitazione corticale da un lato e interviene sulla motilità e in particolare sul tono muscolare, sul controllo del movimento e sulla postura dall’altro.
È coinvolta nella regolazione del ritmo respiratorio controllando i centri inspiratori ed espiratori e coordinandone l›attività attraverso l’inibizione di uno e la stimolazione dell’altro. Ma l’aspetto che più ci interessa dal punto di vista educativo è che tutte queste attività funzionali riflesse subiscono anche influenze corticali e quindi intenzionali, ad esempio l›atto respiratorio che è automatico, può essere volontariamente modificato nel ritmo e nella profondità.
A questi centri arrivano fibre provenienti dalle strutture limbiche che vanno a modificare il ritmo respiratorio in relazione alle emozioni e in particolare alla paura e il circuito involontario, che si ripete anche per il controllo della pressione, del ritmo cardiaco e delle attività digestive; è inoltre implicata nei movimenti oculari, nell’umore, nella via gustativa, nella frequenza cardiaca, nel controllo dell’attività digestiva e minzionale e nella percezione del dolore.
L’aggiustamento e lo sviluppo funzionale
La capacità dell’individuo di resistere alle avversità della vita, di far fronte agli eventi stressanti o traumatici, di riorganizzare in maniera positiva e dare nuovo slancio alla propria esistenza o addirittura cambiare la propria direzione nella vita dinanzi alle difficoltà, ne esprime una condotta tendenzialmente flessibile e creativa, legata anche alla capacità di relazionarsi positivamente con gli altri e di fare facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze.
Come tutto lo sviluppo umano anche queste capacità si sviluppano a cominciare dal corpo e dal movimento; l’esperienza, agita attraverso il corpo, offre la capacità all’individuo di adattarsi a spazi, ritmi, relazioni… in un processo che evolve con lui. Questa capacità si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti emotivi che la accompagnano e soprattutto, al modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono.
Jean Le Boulch ha dato grande rilevanza a queste peculiarità nello sviluppo della persona esprimendo con il concetto di aggiustamento e delle sue forme in evoluzione tutte quelle qualità che permettono appunto all’individuo di “cavarsela” in ogni occasione della vita.
L’aggiustamento viene sperimentato e acquisito attraverso occasioni corporee, ogni volta legate alla visione soggettiva della situazione stessa, alle proprie risorse, potenzialità e alla capacità di metterle in campo in maniera adeguata. L’aggiustamento non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo, esso presuppone comportamenti, pensieri e azioni che possono essere appresi da chiunque. La nostra natura ci rende più o meno flessibili e adattabili e le esperienze che fin dalla nascita viviamo vanno a condizionare le credenze e le direzioni che diamo ai nostri intenti.
Molti ostacoli possono intervenire sul processo di adattamento che l’essere umano sperimenta nella vita, il condizionamento ne è un frequente esempio, esso rappresenta la legge della vita. Tutto quello che guardiamo, ascoltiamo, gustiamo, tocchiamo, respiriamo ci condiziona e spesso anche l’approccio educativo è semplificato nella ripetizione di azioni e programmazioni mentali dettate dall’esterno che ostacolano così il processo di apprendimento attivo necessario allo sviluppo armonico e completo dell’individuo.
L’aggiustamento quindi rappresenta una qualità indispensabile da sviluppare attraverso le esperienze che tutti noi facciamo nel corso della vita. Esso assume varie forme e requisiti in relazione al momento dello sviluppo in cui compare e permane poi come disponibile fino alla fine dell’esistenza dell’essere umano nel corpo.
Nel percorso di sviluppo dell’individuo tre sono le diverse forme di aggiustamento che si susseguono: l’aggiustamento globale senso motorio, l’aggiustamento globale percettivo motorio e l’Aggiustamento cognitivo.
La prima forma di aggiustamento è rappresentata dall’aggiustamento globale di tipo senso-motorio che porta intrinseca la particolarità di essere curiosi e fiduciosi dell’ambiente circostante e inoltre la libertà motoria, percettiva e emotiva di fare dell’esperienza lo strumento di conoscenza del mondo. In questa prima parte del viaggio l’aggiustamento è quindi caratterizzato da attività di scoperta. Quando questo processo sorge, verso i 2 mesi di vita, i sensi sono utilizzati in maniera inconsapevole e lo strumento motivante è rappresentato dal piacere che l’esperienza stessa offre al bambino.
L’aggiustamento disponibile in questo momento dell’esistenza umana è quindi legato alla ricerca della piacevolezza nella conoscenza attraverso l’esplorazione e questo permette di far evolvere tutto lo strumentario umano operativo e in particolar modo le coordinazioni motorie, le capacità discriminative e attentive. La poca esperienza vissuta fino a questo momento non permette al bambino di avere chiarezza degli obiettivi e rende evidente che la curiosità riveste ora un ruolo fondamentale ed è uno dei principali motori della sua evoluzione. La capacità di aggiustamento che avviene in questa fase per tentativi ed errori è stimolata da ciò che circonda il bambino come situazioni, spazi, tempi e relazioni.
Il motore che spinge il bambino ad agire e a trasformare la sua azione spontanea e legata agli istinti verso una più adatta e finalizzata è rappresentato dai sensi che rivestono il ruolo fondamentale di strumenti per la scoperta e il nutrimento per i suoi bisogni.
Questo processo di adattamento riveste un ruolo essenziale anche per ciò che riguarda la relazione che il bambino vive con l’ambiente, ne influenza l’agire alla scoperta del nuovo e il desiderio di adattarsi. L’azione in questa fase è prevalentemente guidata dalla regolazione sub corticale e quindi inconscia e non regolata dalla coscienza.
La disponibilità attentiva è legata alla relazione con il tono muscolare e posturale.
Le prassie divengono a mano a mano più adatte e coordinate donando il senso di efficacia sull’ambiente e offrendo spunti alla motivazione e all’intenzionalità che spingono ad arricchire ulteriormente il bagaglio di esperienze.
Il processo di apprendimento e di sviluppo avviene ora per tentativi ed errori e le condotte coinvolte producono nuove organizzazioni motorie legate all’efficacia dell’azione.
A mano a mano che il bambino cresce, la capacità discriminativa diviene neurologicamente sempre più disponibile e si affina grazie all’esperienza del tentativo ed errore. L’evoluzione cognitiva procede e permette ora lo sviluppo di una forma di aggiustamento globale di tipo percettivo-motorio; questa è caratterizzata da un’azione coordinativa indirizzata da intenzioni e finalità legate alla percezione che avviene attraverso i sensi.
Adesso lo scopo dell’azione è orientato da obiettivi personali e intenzionali, capaci di adattarsi di volta in volta alle circostanze e di determinare azioni mirate e finalizzate.
Il bambino diviene sempre più consapevole dei limiti spaziali, temporali, relazionali di cui deve tener conto nei suoi aggiustamenti.
In questo periodo di grande ricchezza esperenziale la capacità di controllo del corpo assume sempre più un ruolo centrale nello sviluppo dell’individuo perché permette di porre l’attenzione su un “oggetto“ e di produrre azioni adatte con effetti di efficacia del gesto che si ripercuotono sull’autostima e su tutto il processo di evoluzione.
L’esperienza in tal senso offre opportunità all’incremento di tutte le funzioni siano esse relazionali, affettive, cognitive e operative. L’individuo che ha sviluppato la capacità di controllo nel rispetto di sé e nell’accettazione e adattamento all’ambiente può accedere a tutti i livelli di sviluppo concessigli per natura. Il controllo del corpo e del movimento, la motivazione, l’intenzionalità e l’attenzione non sono altro che effetti di questo processo di sviluppo ben integrato e offrono ad aggiustamenti più complessi una base solida di equilibrio emozionale e corporeo nonché di espansione di interessi e creatività.
Risuona evidente come queste qualità, che in questo momento della vita ricevono il massimo impulso all’incremento, sono anche quelle che sosterranno ogni forma di apprendimento per tutto il corso della vita. Imparare a camminare, a parlare, a mangiare da solo, a mettersi le scarpe e in seguito a leggere, scrivere o far di conto, richiede sempre e comunque lo sviluppo di capacità di base che Jean Le Boulch identifica nelle grandi funzioni di veglia e di autocontrollo.
La persona che manifesta interesse, motivazione, capacità di attenzione, capacità di organizzare con la giusta forza e con la giusta coordinazione il gesto che intenzionalmente e consapevolmente mette in atto, sarà anche in grado di confrontarsi con qualunque esperienza.
Siamo di fronte a quei prerequisiti, conosciuti soprattutto perché fondamentali per confrontarsi con gli apprendimenti scolastici, ma che rappresentano l’opportunità per ciascun individuo di procedere in maniera adatta nel proprio sviluppo. Essi sono rappresentati nel bambino di sei anni dalla capacità di stare fermi e attenti per tempi prolungati, la capacità ad utilizzare la vista e l’udito per discriminare diversi suoni e forme, la giusta forza e le coordinazioni adatte nel tenere la penna, la gomma per cancellare e le forbici per tagliare, il piacere nel lasciare traccia di sé, la capacità di ricordare e riprodurre graficamente sequenze di simboli sonori e grafici, ecc…, tutte qualità che ne determinano la riuscita in un aggiustamento efficace che nutre autostima, buona relazione con l’ambiente, desiderio di partecipare attivamente alle esperienze.
Con il procedere dello sviluppo della corteccia cerebrale e con l’ampliarsi di interessi e conoscenze, l’individuo raggiunge la possibilità di un aggiustamento di tipo cognitivo e da questo momento può progettare e ricordare situazioni che non sono presenti nel qui e ora ma che appartengono alla sua memoria percepita e rappresentata.
Ora è in grado di organizzare un’azione complessa in previsione o in risoluzione differita e questo gli consente di costruire pensieri articolati e ragionamenti astratti sui quali programmare azioni e parole a rappresentarne l’aggiustamento personale.
Ogni esperienza che l’individuo sperimenta produce rimandi nella conoscenza e nelle elaborazioni cognitive arricchendolo di più vasti orizzonti legati a interessi e intenzionalità nuove.
Nella positività e ricchezza di questa nuova esperienza di aggiustamento si prospettano però difficoltà nuove ad essa legate; diviene ora difficile mantenere il contatto con la realtà oggettiva del qui e ora in contemporanea presenza con l’elaborazione cognitiva del processo di aggiustamento.
È qui che spesso cominciamo a distaccarci dalla realtà percepita sia essa del corpo o del mondo esterno e a perdere di vista la realtà rilevata dai sensi sostituendola con quella creata dalla mente.
È qui che la percezione rischia di trasformarsi in dispercezione a causa spesso di processi cognitivi o affettivi che ne annebbiano la visione. L’immagine della realtà, sia essa corporea o del mondo esterno, che la nostra mente proietta, si sostituisce con facilità alla conoscenza reale che passa attraverso la percezione legata ora alla propriocezione e ora ai 5 sensi.
In questo processo non più connesso alla realtà si vengono a creare spesso pensieri e azioni ripetuti in maniera automatica e non adatti che sono difficili da trasformare e da rendere efficaci, proprio perché inconsapevoli.
La capacità di aggiustamento (Pesci, 2009; 2012; Pesci, Bulli e Ricci, 2016; Zoccolini e Ricci, 2016) si rende quindi fondamentale anche su piani più complessi dell’adattamento alla vita, anche e soprattutto in età più avanzate quando le esperienze acquisite sono ormai automatizzate e non più legate al processo di elaborazione ma messe in atto in maniera meccanica, “senza pensare”. Proprio quando un evento richiede un profondo cambiamento e trasformazione di abitudini e vizi, la flessibilità e la volontà divengono opportunità necessarie alla creazione di una nuova azione e di un cambio di direzione.
Essa rappresenta la capacità di trasformare il già appreso, ciò che già sappiamo fare o che comunque abbiamo già sperimentato e stabilizzato. La capacità di adattare questo vecchio apprendimento in relazione ad una nuova situazione o ad inadeguatezza dello stesso, rappresenta la capacità ultima di essere nella flessibilità, nella presenza del qui e ora e nella possibilità di creare benessere in ogni momento della nostra vita.
Il progetto di aiuto attraverso la Psicomotricità Funzionale
È evidente quindi che l’aggiustamento in tutte le sue forme, la presenza cosciente e l’attenzione focalizzata rivestono un ruolo fondamentale nel percorso di tutta la nostra esistenza e che lo sviluppo della capacità di aggiustamento richiede presenza, attenzione, controllo, energia, disponibilità verso ciò che è dentro e fuori di noi.
La Psicomotricità Funzionale, attraverso professionisti preparati nella conoscenza dei processi dello sviluppo e stimolati ad una presenza consapevole, offre uno strumento di sostegno alla crescita dell’essere umano in ogni fase della sua vita nel concetto che ogni istante rappresenta un’opportunità di adattamento e di sviluppo dell’individuo all’esistenza che lo rappresenta.
Lo Psicomotricista Funzionale sa offrire esperienze adatte, ora più dinamiche e orientate alla ricchezza prassica ora più statiche e indirizzate all’interiorizzazione propriocettiva verso il silenzio del corpo e della mente; è uno specialista che ha, nel suo bagaglio personale, molti strumenti creativi che nelle sue mani prendono la forma di perfetti mezzi educativi. Egli sa analizzare il bisogno che scaturisce da un’attenta osservazione della condotta dell’individuo e riesce a modellare in opportunità di sviluppo funzionale ogni esperienza che ad esso propone.
Lo Psicomotricista Funzionale nella capacità di non divenire modello per l’altro si pone in attenzione e nel rispetto della diversità e unicità di ciascuno permettendo al singolo di elaborare attivamente e autonomamente la propria e unica risposta.
Lo Psicomotricista Funzionale deve saper osservare oggettivamente l’altro, saperne cogliere le qualità e le difficoltà e saper quindi offrire esperienze, nel coinvolgimento del corpo, che lo conducano verso la riscoperta di sé, della sua energia e della sua creatività, della padronanza del proprio tono e della propria postura, delle capacità operative e dell’azione efficace, … il corpo e il movimento e l’intero essere possono così armonizzarsi fino a divenire gli strumenti adatti ad esprimere il Sé.
Ogni esperienza rappresenta quindi per la persona che si rivolge a questo specialista uno stimolo a trovare dentro di sé strategie e progetti personali e non risposte condizionate e limitate dalle attese altrui; un vero apprendimento capace di essere trasferito, adattato e generalizzato ad altre diverse occasioni.
Esperienze quindi che partono da stimoli spaziali, temporali, corporei e che richiedono una nuova concentrazione rivolta al corpo e all’ambiente nella ricerca, da parte dell’individuo, di attenzioni e percezioni, di controllo e azioni nuove e modificate da rinnovate competenze nella conoscenza di sé.
Lo specialista in questa eclettica disciplina agisce per creare un progetto educativo consapevole e mirato alla persona e lo fa con attenzione e amore utilizzando la ricchezza e la molteplicità delle esperienze corporee e risvegliando apprendimenti e conoscenze a tutti i livelli.
Questo percorso quindi si rivolge a persone di ogni età offrendo esperienze che ne sostengano la trasformazione e la crescita globale da permettere di confrontarsi con il singolo momento di vita e di apprendere strategie personali fino allora bloccate o nascoste.
Con la Psicomotricità Funzionale è possibile accompagnare la persona verso la conquista dell’unità e della coerenza della propria vita psichica e sociale, un’educazione efficace delle funzioni orientate alle potenzialità e alle risorse.
Nella calma della mente focalizzata sullo scopo e nella strumentazione di viaggio ben organizzata, diventa possibile attraversare qualunque territorio dal più accogliente al più impervio e questo è il vero compito del viaggio.
Paola Ricci
BIBLIOGRAFIA
Pesci, G. (2009). La Psicomotricità Funzionale: Scienza e metodologia. Roma: Armando.
Pesci, G. (2012). Teoria e pratica della Psicomotricità Funzionale: A scuola con Jean Le Boulch. Roma: Armando.
Pesci, G. Bulli, L. e Ricci, P. (2016). La psicomotricità funzionale garanzia di successo sui DSA. Firenze:
Edizioni Scientifiche ISFAR.
Pesci, G. e Zoccolini, L. (2014). Linguaggio verbale e tonematico nel principio sistemico: Educazione dell’espressione elocutoria in Psicomotricità funzionale. Firenze: Edizioni Scientifiche ISFAR.
Pesci, G. e Ricci, P. (2014). Psicocontatto. Metodo ausiliario della psicomotricità funzionale. Firenze: Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze.
Zoccolini, L. e Ricci, P. (2016). Schema corporeo e immagine corporea. In Nuovi Orizzonti, 15, gen-giu 2016
(Da Rivista Nuovi Orizzonti, Anno IX° – n. 17 Gennaio-Giugno 2017 pagg. 22-299)